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L'importanza del follow-up per i pazienti cronici durante la pandemia di COVID-19

La pandemia ha stravolto l’organizzazione dei servizi assistenziali, con notevoli ripercussioni soprattutto sul follow-up dei pazienti affetti da condizioni croniche che, in Italia, ammontano a circa 14 milioni, più della metà dei quali ultra 65enni. Gli ambiti più interessati sono stati quello cardiologico, oncologico e diabetologico. La sfida del prossimo futuro sarà di rimodulare la gestione del follow-up di questi pazienti potenziando, ove possibile, il ricorso alla telemedicina e alle nuove tecnologie.

L’impatto socio-sanitario del COVID-19

Affermare che la pandemia da SARS-Cov-2 ha colto impreparati i Paesi del mondo, le istituzioni sanitarie e la comunità scientifica può sembrare oggi retorico. Nella realtà, però, sarebbe semplicistico tradurre il suo impatto socio-sanitario a un mero resoconto numerico, nello stile dei bollettini con cui quotidianamente i mezzi di informazione riportano i classici indicatori di riferimento. Tra le conseguenze meno appariscenti ed enfatizzate, ma non per questo meno rilevanti o meritevoli di attenzione, si annoverano anche le complesse ed eterogenee ripercussioni sull’assistenza ai malati cronici. La necessità di adattamento dei servizi ha, infatti, portato a “convertire” intere divisioni ospedaliere in “reparti COVID”, riorganizzare il personale sanitario, potenziare le terapie intensive1 e rimodulare, o perfino sopprimere, attività ambulatoriali e, nel rispetto dei protocolli di contingentamento degli accessi e distanziamento, a privilegiare, ove possibile, i teleconsulti rispetto alle tradizionali visite in presenza.

Appare, quindi, evidente come una categoria  particolarmente colpita sia stata quella dei malati cronici (in particolare in ambito cardiologico e oncologico), che tra l’altro rappresentano anche i pazienti più vulnerabili ed esposti alle possibili complicanze dell’infezione: contagi e letalità, infatti, tendono ad aumentare con l’avanzare dell’età, coinvolgono in misura maggiore il sesso maschile e sembrano in qualche modo associarsi alla presenza di patologie croniche, cioè di policronicità, che potrebbero influenzare sfavorevolmente la prognosi2.